Il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, ha chiarito ieri la posizione del Pd in una lunga intervista radiofonica.
I mercati restano in difficoltà , lo spread che cammina anche dopo l’insediamento del nuovo governo Monti. Insomma cosa è cambiato?
Siamo in un’altra situazione, perchè sarà possibile affrontare problema a fianco dei grandi Paesi europei cercando di correggere la linea della politica economica europea che fin qui si è dimostrata insufficiente e cercando, per quello che riguarda noi, di toglierci dal fronte più scoperto della crisi. Quel che cambia oggi è che siamo al tavolo con i primi paesi d’Europa.
Alcune misure per il governo. Sarà la patrimoniale il terreno di scontro tra PD e Pdl, visto che Berlusconi ha detto di essere contrario?
Noi abbiamo già posizioni dichiarate: abbiamo presentato un emendamento alla manovra di Tremonti che parlava di imposizioni sui grandi patrimoni immobiliari e abbiamo presentato, quando si parlava di federalismo fiscale, un meccanismo di imposizione fiscale sui servizi erogati a livello locale con grande attenzione per le fasce più deboli. Tutto questo in alternativa alle soluzioni proposte dal governo Berlusconi di taglio lineare alle detrazioni fiscali. Noi abbiamo le nostre proposte e queste sono state presentate in bilanciamento del sistema fiscale che grava troppo sul lavoro e su famiglie e poco sui patrimoni, gli immobili e sull’evasione fiscale.
Quale è la vostra posizione sull’innalzamento dell’età pensionabile a 67 anni?
Noi consideriamo un’area flessibile di uscita dal lavoro tra i 62 e i 70 anni con meccanismi di incentivazione e disincentivazione. Tutto quello che si ricava da questa flessibilità deve essere portato a sostegno della previdenza dei giovani. Questa è la posizione del PD. Siamo in attesa di capire come potrà essere definito l’intervento del governo e siamo pronti a discutere secondo questo criterio in Parlamento. Non pretendiamo che questo governo faccia il 100% di quello che faremmo noi, però le nostre idee saranno al confronto nella sede parlamentare. E’ questa la nostra impostazione: accettiamo di discutere del tema delle pensioni ma pensiamo che questo tema possa essere affrontato con una logica di flessibilità attraverso meccanismi di convenienza in uscita. Io mi aspetto che questioni come queste vengano affrontate e impostate nel dialogo sociale.
C’è da parte dei sindacati una disponibilità dichiarata verso quanto farà questo governo. Ma resta spinoso l’argomento del mercato del lavoro.
Tutto deve essere affrontato con il dialogo sociale. Noi operiamo sostanzialmente perchè ci sia una progressiva unificazione dei diritti di base dei lavoratori. Andando alla sostanza, se si vuole incominciare ad unificare il mercato del lavoro bisogna che un’ora di lavoro stabile costi un po’ meno e un’ora di lavoro precario costi un po’ di più. Questa è la nostra idea. L’eccesso di precarietà finisce per rovinare le esistenze e per dequalificare il mercato del lavoro. Questo si ovvia sia con delle norme, sia con elementi di convenienza e di costo. Noi abbiamo elaborato idee perchè questo sistema dei costi sia più favorevole alla stabilità dell’impiego. Io ti do la flessibilità, ti do una quota di precarietà, però almeno tu mi paghi un po’ di più. E’ impensabile di aggiustare con interventi di natura fiscale la prospettiva pensionistica se questa non parte da un salario decente quando si è giovani.
E’ difficile essere collaborativi con persone con cui fino al giorno prima si discuteva anche in modo aspro?
Per noi l’Italia viene prima di tutto. Per l’Italia si può mandare giù anche qualche rospo. Siamo in una situazione atipica: non c’è una larga maggioranza, non c’è una larga coalizione, non c’è un governo d’unità nazionale. C’è un governo di impegno nazionale rispetto al quale ognuno si prende le proprie responsabilità . Noi non mettiamo condizioni ma non accettiamo che altri le mettano. Si discute in Parlamento su quello che dobbiamo fare per salvare il Paese. Se si dice no al fatto che chi ha di più deve dare di più, io non sono d’accordo. Stavolta lo sforzo deve essere fatto da tutti ma, ripeto, chi ha di più deve dare di più e non solo per equità ma perchè altrimenti il Paese non ce la fa. Non mettiamo pregiudizi, blocchi e condizioni.
Torniamo in Europa. Secondo lei ci sono anche delle responsabilità di Germania e Francia?
Abbiamo due problemi: uno è legato al venir via dal fronte più esposto della crisi e questo incomincia a vedersi; l’altro, quello principale, è legato alla politiche delle destre in Europa che negli ultimi anni sono state completamente sbagliate. Ci troviamo davanti ad un’Europa azzoppata che non riesce a fare una politica comune seria per affrontare il problema del debito pubblico e degli spread. E’ cominciato con la Grecia. Per non aver voluto dire va bene paghiamo noi, garantiamo noi e poi facciamo i conti, per egoismi nazionali e chiusure politiche e culturali, si è lasciato che l’infezione si propagasse. E la Grecia che fa il 3% del Pil europeo è diventata un problema che ha contagiato tutti. Ora bisogna assolutamente invertire questa logica: l’Europa deve essere l’Europa. L’Euro va benissimo, è l’Europa che non va bene. Mi auguro che con il nuovo profilo del governo italiano si sia in condizione di porre anche questo problema mentre facciamo i compiti a casa senza che nessuno ci manda le letterine. E dobbiamo anche dire in sede europea che cosa va cambiato nelle politiche dell’Unione, far fronte comune sul serio, se no non si salva nessuno.