Egregio Presidente, pregiatissimi membri della Commissione,
Andando con ordine, possiamo parlare della distanza dall’abitato. Nel merito, come criterio escludente per la rosa dei siti entro cui scegliere, il Prefetto si è espresso in questi termini: «abbiamo escluso Castel Romano e Quartaccio perché zona fortemente urbanizzata e per la presenza di un centro commerciale» e così pure Pian dell’Olmo è stato escluso «perché poco distante dal centro urbano». La scelta per Quadro Alto è stata fatta perché ricade al centro di una zona boschiva, di verde incolto e di cava coltivata a fosse servite da rampe con modesto alveo e caratteristiche geotecniche ottime. Si tratta di dichiarazioni imprecise, generiche e contraddittorie. Come si può facilmente dedurre anche dalle cartografie disponibili on line: il sito ricade tra due propaggini del centro abitato e le distanze sono di poche centinaia di metri per le case sparse, mentre il centro
urbano più vicino, Monte porcino secondo, dista circa 800 metri.
Il Prefetto non ha fornito studi propri, effettuati dal gruppo tecnico di cui dispone. L’unico dato ufficiale di riferimento sulle distanze del centro abitato è stato estrapolato dallo studio della regione Lazio ed è assolutamente erroneo. In esso viene infatti omessa la reale distanza dichiarando che il centro urbano si trova a 2,5 chilometri di distanza. Ci chiediamo dunque quale sia il criterio o riferimento normativo utilizzato per asseverare che il sito è idoneo dal punto di vista delle distanze.
Per quanto concerne l’individuazione del sito nell’atto di delega al Commissario viene affidato il compito di individuare, progettare e realizzare nuove discariche più impianti di trattamento. I fatti ci raccontano invece che il Prefetto Pecoraro si è limitato a fare propri gli studi già effettuati dalla regione e in base a questi scegliere tra i sette siti già offerti.
Non ci risulta che ci sia stato approfondimento in termini di studi tecnici sul territorio propri del Commissario che prescindessero dalle posizioni riportate dagli studi regionali peraltro datati, per stessa affermazione del dottor Marotta in sede di audizione, cosa opportuna alla luce del fatto che la stessa regione con quegli stessi studi, quando era ancora di sua competenza, è stata incapace di prendere una decisione.
Se è vero che la base è stata questo documento, ci domandiamo chi per conto della regione Lazio abbia redatto questa analisi preliminare per l’individuazione delle aree idonee per le discariche. A noi non è stato possibile, dal materiale in nostro possesso, risalire alla paternità dello studio redatto nel 2011. L’esigenza di risposta nasce anche dalla circostanza che lo studio redatto dalla società Colari nel 2009 riporta esattamente gli stessi dati che la regione Lazio riporta nella propria analisi a distanza di due anni.
Questa perfetta corrispondenza o imbarazzante sovrapponibilità ci porta ad avere forti dubbi sulla bontà e sull’imparzialità delle conclusioni raggiunte da una Commissione di tecnici regionali, ai quali era stato richiesto di individuare dei siti idonei alla realizzazione di discariche nel rispetto della salute pubblica, come previsto dalla Comunità europea, dal Trattato di Aalborg e soprattutto dal buonsenso.
Credo che quanto detto fornisca illuminanti spunti, che indurranno a un approfondimento della magistratura penale per quello che allo stato delinea nella forma più blanda un’omissione di atti del proprio ufficio, nonché falso ideologico, per poi ipotizzare nel prossimo futuro ipotesi di reato più gravi quale disastro ambientale.
Ci chiediamo come mai la regione Lazio ad oggi abbia individuato come idoneo un sito dichiarato non compatibile con la realizzazione di una discarica con parere negativo nel 2009, che ha bocciato la VIA presentata dalla società Colari, di cui l’impugnativa pende ancora dinanzi al TAR. Se la regione ha trovato nuovi elementi tecnici per dichiarare la compatibilità, come hanno risolto il contrasto con i vincoli di paesaggio naturale di continuità del PTPR?
Ci chiediamo inoltre se la regione sia autorizzata ad andare in deroga ai vincoli paesaggistici, e, se ciò non fosse, come possa essere dichiarato idoneo il sito di Riano.
La presidente Polverini asserisce che il commissariamento non serve per andare in deroga ai vincoli, ma il risultato purtroppo è questo. Per quanto riguarda la posizione del Prefetto, vista la corposa presenza di incongruità nello studio della regione, vorremmo sapere come abbia potuto il proprio gruppo di studi e i suoi tecnici di fiducia confermare l’idoneità del sito così come individuato dalla regione, non rilevando errori così grossolani da sfiorare una superficialità e imperizia nella conduzione del suo operato, nel quale intere popolazioni di Riano e di paesi limitrofi a nord di Roma riponevano fiducia e affidamento, facendo emergere il suo omesso controllo su quanto allo studio.
Parliamo poi dell’attività estrattiva delle cave. Le cave presenti nel territorio di Quadro Alto sono attive e dunque non si capisce perché sia l’analisi preliminare della regione che quanto affermato dal dottor Marotta durante l’audizione del 19 ottobre 2011 riportavano che le cave sono inattive e dismesse. Dico questo perché ad oggi la stessa regione recepisce documentalmente l’informazione sullo stato di estrazione annuale di ogni singola cava, afferente ai luoghi interessati allo studio preliminare.
È evidente dunque che mai è stato effettuato un sopralluogo in Quadro Alto, perché l’attività estrattiva che avviene con impiego di uomini e mezzi è fatto assolutamente visibile e accertabile con la visita in loco e soprattutto a Quadro Alto non risultano discariche abusive.
Se parliamo poi delle falde, si ritiene utile informare questa Commissione che attualmente molte delle abitazioni della zona sopra Quadro Alto si servono di pozzi per l’approvvigionamento idrico, in quanto non esiste una rete idrica comunale che le serva. La dislocazione della discarica di Riano produrrebbe quindi l’inquinamento della falda, con gravi danni alla salute pubblica.
Le cave di tufo hanno infatti ottenuto l’autorizzazione ad estrarre materiale anche sotto falda in virtù della rarità del materiale e della importanza dello stesso. Per tale motivo nelle cave di Quadro Alto sono in funzione ventiquattro ore su ventiquattro delle pompe idrovore che drenano l’acqua che fuoriesce dai tufi e la sversano nel fosso di Ponte Sodo.
La falda viene drenata e utilizzata per uso potabile dalle case dei quartieri Stazzo Quadro, Codette, Colle delle rose, nonché da un ristorante e dagli abitanti della zona di Pian dell’Olmo. La portata delle pompe idrovore è di decine di metri cubi al minuto e, se queste venissero fermate, l’intera area di cava sarebbe sommersa da circa 15 metri d’acqua.
Qualora quindi si realizzasse la discarica, il fondo della stessa deve essere realizzato con almeno 2 metri di franco dal livello di massima altezza della falda, così come recita il punto 2.4 dell’allegato 1 del decreto legislativo relativo alle discariche dei rifiuti.
Applicando tali misure indispensabili di protezione della falda, la cubatura residua della eventuale discarica sarebbe assolutamente insufficiente a garantire lo smaltimento dei rifiuti, rendendo quindi necessario identificare al più presto un altro sito, per garantire quel fabbisogno di 2.800.000 metri cubi di rifiuti in soli 36 mesi della città di Roma.
Ci amareggia che in tutta la vicenda non vi sia stata alcuna interazione tra regione prima e il Commissario poi e il comune di Riano. Ci sono state soltanto delle audizioni al fine di comunicare la scelta unilaterale del Commissario, tutto questo negando il fisiologico contraddittorio nella materia di cui si verte.
Il Commissario, pur se su specifica richiesta del senatore De Angelis, nell’audizione di cui sopra ha omesso di rispondere al perché sia stata scelta la Provincia di Roma e di indicare i criteri del proprio mandato che consentivano di allocare i rifiuti in un altro comune. Emerge chiaramente che la scelta del Commissario posa su criteri che si basano su economia di tempi e di somme per la realizzazione della discarica nei siti individuati di Riano e Corcolle.
Riteniamo che tali scelte siano fallaci in più punti. La questione della proprietà in ordine agli espropri impegnerà un esborso economico non preventivato nella globalità, con plausibile danno erariale e soprattutto indurrà l’attuale proprietario dei siti, la società Colari, nonché i titolari delle concessioni estrattive del tufo, la stessa popolazione di Riano nonché il comune, a una strenua difesa del territorio.
Non è accettabile che si dica che l’interesse supremo è la tutela dell’immagine di Roma, perché non mi risulta che sia un diritto costituzionale garantito come invece lo è la salute. Roma non può caricare le proprie problematicità su altri territori e Riano non può essere il capro espiatorio di un piano fallace. L’aggettivo è riferito e riferibile al passato, al presente e al futuro della gestione dei rifiuti e del correlato piano.
Se la discarica di Riano non rispetta la normativa europea per la protezione della salute umana e dell’ambiente, come previsto dall’articolo 13 della direttiva 98/2008/CE per la quale l’Italia ha già avuto una procedura di infrazione su Malagrotta, ci chiediamo come il Prefetto possa fare l’ordinanza di idoneità del sito quando l’articolo 2 comma 2 della sua nomina a Commissario riporta: «il Commissario delegato anche in deroga alle disposizioni indicate all’articolo 4 e fatto salvo l’obbligo di assicurare le misure indispensabili alla tutela della salute e dell’ambiente previste dal diritto comunitario provvede mediante procedure di affidamento coerenti con la somma urgenza o con la specificità delle prestazioni occorrenti».
Dal momento che il sito è stato dichiarato non idoneo dalla stessa regione Lazio nel 2009 in quanto in contrasto con la normativa regionale e nazionale, ci chiediamo come oggi, a soli due anni di distanza e senza alcuna motivazione tecnica, possa inserirlo tra i siti prioritari andando in deroga a norme nazionali e se detta deroga sia prerogativa del solo Prefetto dalla data di nomina a Commissario.
Tutto quanto definito prima in contrasto con le norme nazionali e regionali a nostro avviso è da considerarsi nullo e quindi l’inserimento di Riano tra i sette siti proposti è illegittimo. Stante quanto sopra delineato e rappresentato, ai sensi dell’articolo 82 della Costituzione chiediamo che la Commissione per i poteri costituzionali riconosciuti voglia affiancandosi alla magistratura effettuare e approfondire ogni proficua indagine, stante la gravità delle vicende narrate.
Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti. Intervento del sindaco Marinella Ricceri
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